Friday, March 10, 2006

LA CYBERDIPENDENZA

1.1 Il fenomeno - 1.2 Le prospettive pastorali - 1.3 La Parola ci interroga
1.1 IL FENOMENO
Uno dei capitoli del quinto rapporto di Caritas Italiana e Fondazione Zancan sul tema del disagio e dell’esclusione sociale in Italia (intitolato "Vuoti a perdere") si riferisce alle dipendenze senza sostanze, ossia a fenomeni di dipendenza che non sono legati al consumo di una sostanza psicotropa (droga, alcol, farmaci, ecc.). Rientrano nelle nuove dipendenze senza sostanze fenomeni molto diversi tra loro: il gioco d’azzardo, la dipendenza da cellulare, lo shopping compulsivo, la dipendenza da lavoro, la dipendenza da sforzo fisico, la cyberdipendenza (dipendenza da internet) e altre. I dati su tali fenomeni non sono sempre disponibili. Nel rapporto si tenta di fornire alcune statistiche di sfondo:
§ secondo i dati Istat relativi al 2000, 2.948.000 persone (il 5,7% della popolazione italiana) dichiara di utilizzare internet tutti i giorni;
§ il 4% dei ragazzi di età compresa tra 11 e 14 anni e il 7,5% dei 15-17enni dichiara di utilizzare internet tutti i giorni.
(da "Italia Caritas" novembre 2004, a cura di Walter Nanni)
La cyberdipendenza: un po' di documentazioneLa dipendenza da Internet, nota come Iad (Internet Addiction Desorder), è un problema relativamente nuovo. Le persone che ne sono affette sono caratterizzate da un desiderio spasmodico di trascorrere in rete la maggior parte del proprio tempo. È una droga, non diversamente dall'alcool o dalla cocaina e, come nel caso delle sostanze citate, serve all'individuo per fuggire alla realtà.L'impiego esagerato di Internet comporta il manifestarsi di disturbi psicologici, che a volte sfociano in veri e propri disordini psichici. Alcuni esempi:
dipendenza da relazioni virtuali: si riscontra una dipendenza da relazioni virtuali, tramite e-mail, a discapito di contatti reali;
dipendenza da eccesso di informazione: l' abbondanza di notizie che Internet offre, può indurre ad esagerati ed estenuanti zapping da un sito all'altro, sempre in ricerca di nuove informazioni;
dipendenza da sesso virtuale: il sesso virtuale si era diffuso in un passato recente con le linee telefoniche erotiche. Internet oggi offre la possibilità di disporre di siti e chat-line a luci rosse. Questa devianza sessuale comporta una tale gratificazione da ridurre il desiderio di una normale vita di relazione.
La ricaduta umana e psicologicaLa persona cyberdipendente si isola sempre di più, trascura gli amici e i familiari e vive in simbiosi con il suo sistema informatico che esercita su di lei un vero e proprio fascino. Spesso la sua curiosità e la sua voglia di sapere non solo sono appagate, ma arricchite dalla possibilità di esplorare il mondo per conoscere tutte le informazioni possibili. Davanti al computer ha la sensazione di dominare il tempo e di superarlo, si lascia completamente attrarre dal sistema che gli permette di vivere esperienze molteplici.L'utilizzo continuo del computer, di Internet, come anche dei videogames, può ed è causa di disturbi che fino a poco tempo fa nessuno conosceva; sono nuove patologie, sindromi da dipendenza da Internet.Ad esempio, osservando alcuni frequentatori di chat, emerge, in modo evidente, il desiderio di comunicare, di confrontarsi. Già con l'avvento della televisione, la possibilità di comunicare e la capacità critica si sono ridotte e l'attenzione è stata orientata sull'effetto apparente più che sul contenuto.Nella società contemporanea si registra una seria mancanza di tempo per coltivare rapporti umani, un diffuso malessere relazionale, una limitazione dei momenti di aggregazione e comunicazione. In rete si cerca di riappropriarsi di ciò che è sottratto al reale.Il "virtuale" che si manifesta è una parte del proprio sé (conscio o inconscio) che esce allo scoperto. In altre parole, quella parte che si manifesta è una componente del carattere, quasi completamente soffocata nella vita reale. In rete, cioè, si esprime la realtà che difficilmente si riesce a mostrare. In effetti le nuove patologie non si sono create con la diffusione della comunicazione telematica, ma questa modalità rappresenta una manifestazione di situazioni già patologiche. Non è il virtuale a creare personalità multiple, il sé è già multiplo e trova nella rete un canale ideale per manifestarsi.Secondo Tonino Cantelmi, presidente della Federazione italiana Psicologi e Psichiatri cattolici (la cui linea ideologica sul fenomeno diverge dalla posizione interpretativa dello psicologo Mauro Croce, coautore del capitolo "Dipendenze senza sostanze" del quinto rapporto Caritas-Fondazione Zancan), «in rete esiste solo la connessione e non la relazione; la relazione, infatti, implica l'adattamento all'altro, l'ascolto dell'altro, il dialogo con l'altro, lo "specchiarsi nell'altro", mentre nella relazione in connessione si incontra la personalità on line, cioè non tutto noi stessi, ma quella parte di noi che in quel momento mettiamo in gioco in rete. Nella vita reale è lungo e non sempe facile il cammino per arrivare a conoscerci profondamente, nella realtà virtuale basta soltanto essere "molto connessi". Con la posta elettronica si esprimono certamente anche cose personali, ma questo modo di comunicare non corrisponde mai completamente a quello della comunicazione nella realtà. Per evitare dissociazioni mentali o devianze psicologiche, è necessario integrare queste relazioni, considerando la realtà virtuale come un'espansione del mondo reale, non un'alternativa». (da un'intervista rilasciata a Danilo Angelelli per una ricerca della facoltà di Scienze della Comunicazione dell'Università degli Studi di Roma "La Sapienza").
L' evoluzioneNonostante le patologie da dipendenza sopra descritte, non si può negare che l'avvento di Internet ci ha messo davanti ad un profondo cambiamento tanto da poter dire che siamo di fronte ad un nuovo passaggio evolutivo dell'umanità.L'uomo del terzo millennio, probabilmente, sarà diverso: la mente in Internet produrrà cambiamenti di cui non potremo non tener conto.Si può supporre che fenomeni, per ora descritti come psicopatologici, potrebbero essere in realtà gli indicatori di una evoluzione dell'uomo del terzo millennio (homo tecnologicus). In effetti è in atto una rivoluzione, quella digitale, che, aprendo inediti universi di conoscenza e di esperienza, ha già cambiato il registro delle nostre possibilità mentali e sensoriali, contribuendo ad impostare un nuovo modo di pensare e vivere, e nuove modalità di avvertire il rapporto con se stesso, con l'altro da sé e con il mondo.Inoltre le attuali tecnologie mediatiche, oltre a fungere da volano del cambiamento sociale e culturale, stanno aprendo nuove prospettive di studio e di ricerca per l'antropologia, la sociologia, la psicologia, la psichiatria.
1.2 LE PROSPETTIVE PASTORALI
Anche da ciò che è stato sin qui detto, si desume che viviamo in una società che ogni giorno di più ci spinge verso forme di consumo indiscriminate, sproporzionate rispetto ai nostri reali bisogni. Tale cultura, tipica delle nazioni occidentali moderne, accanto agli innegabili vantaggi, produce in parallelo aspetti problematici non trascurabili.Succede così che attività di per sé fisiologiche e "normali" come il gioco, l'uso di Internet o dei cellulari, lo shopping, la televisione e perfino il lavoro, assumano una dimensione di problema, allorquando si oltrepassano i limiti.E proprio nel momento in cui ciò accade, possono essere messi in atto comportamenti compulsivi, condotte di dipendenza, o possono essere assunti rischi eccessivi.Si tratta di forme di "dipendenza senza sostanze" che possono provocare gravi disturbi per l'individuo e la società.
Cosa si può fareA partire da questi dati, seppur sintetici e parziali, ci si potrebbe muovere in queste direzioni:
osservare la realtà quotidiana per analizzare questi fenomeni e agire per favorire una cultura del consumo consapevole che salvaguardi gli aspetti ludici e positivi, evitando gli eccessi e gli abusi;
fare un sondaggio tra i giovani e gli adulti che frequentano la parrocchia per capire da quali interessi è abitata la loro giornata e chiedere loro cosa sanno dell'uso del tempo libero dei loro amici e conoscenti;
presentare, intanto, il grave problema delle dipendenze da cellulari, Internet, videogiochi…, e discutere sulla ricaduta che tutto questo comporta a livello personale e sociale;
una volta individuate le persone che soffrono di queste dipendenze, accostarle, se possibile, e cercare di capire le ragioni che hanno causato queste scelte;
studiare i fenomeni di dipendenza e delle terapie relative, nelle varie componenti psicologiche, familiari, socio-sanitarie, legali, educative;
stimolare una cultura della prevenzione, promuovere attività di formazione, informazione e sensibilizzazione;
creare una rete di ascolto delle domande di aiuto (dirette e indirette) che sono riscontrabili sul territorio (per gli adulti), oppure mediante il coinvolgimento delle agenzie educative (per i minori);
promuovere iniziative di self-help, magari nella forma guidata;
attivare, per i minori, un'azione preventiva ed educativa specifica, nelle scuole, nelle agenzie educative, per la diffusione di una cultura e, conseguentemente, di un uso corretto di Internet e degli altri nuovi mezzi di comunicazione. E, possibilmente, utilizzando insieme a loro queste nuove tecnologie, mostrando il corretto impiego, senza limitarsi ad allarmare, a vietare...
sensibilizzare i genitori circa la loro responsabilità nella trasmissione dei significati, delle opportunità e dei rischi rappresentati dalle nuove tecnologie, spesso acriticamente messi nelle mani dei figli, quasi fossero oggetti neutrali, innocui;
diffondere una cultura adatta a riconoscere il problema in modo corretto, senza creare eccessivi allarmismi, o pericolose generalizzazioni, aiutando genitori ed educatori a riconoscere quando l'uso diviene "problematico" e quando sottostà alla categoria del "patologico";
stimolare le autorità competenti (ad es., quelle per le garanzie nella comunicazione), a tutelare gli utenti, ad esercitare le azioni di controllo, specie nei confronti dei minori.
Non tutto è negativoDue sono i poli di concentrazione dell'attenzione da avere: non sottovalutare il problema e non creare facili allarmismi.Pare si stia diffondendo una mentalità che sembra voler affermare il concetto che, bene o male, siamo tutti affetti da dipendenze patologiche e che le dipendenze che non coinvolgono l'uso di sostanze sono pericolose come altre.Talvolta, però, possono essere i criteri diagnostici a costruire la patologia e non viceversa. Non per nulla questo esplodere di malesseri riguarda strumenti tecnologici nuovi (telefonino, computer, videogames) e meno quelli vecchi. Se impedissimo a cento persone di usare la luce, acqua calda e riscaldamento, avremmo probabilmente qualche segno di modifica del comportamento, qualche segnale di nervosismo. Dipendenza da energia elettrica e termica?Se i ragazzi hanno i pollici che fanno male per spedire sms e giocare ai videogames, il problema potrebbe essere una cattiva ergonomia degli apparati che usano, e non la conseguenza di una dipendenza…L'agitazione dello spettro della dipendenza e della malattia mentale potrebbe essere efficace in tal senso. Contemporaneamente, tuttavia, (e forse senza volerlo) l'attenzione per il rischio di dipendenze patologiche da sostanze lecite e illecite diminuisce. Non per nulla queste sostanze si stanno trasformando in beni di consumo socialmente compatibili.
1.3 LA PAROLA CI INTERROGA
Mt 25,31-46
«Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna».
È la descrizione del giudizio finale che avrà come unico criterio l'esercizio della carità. Qualcuno ha parlato di pagina laica, perché non ci sono accenni alla fede, alla preghiera, al culto. I giusti non sanno nemmeno di aver soccorso il Signore stesso nei bisognosi: «Signore, ma quando ti abbiamo visto….?».Credo che non si forzi il paragone se, a proposito dei problemi sopra descritti, inseriamo nella categoria dei "fratelli più piccoli" tutte le persone, giovani o adulte, che in qualche modo sono dipendenti dai nuovi mezzi di comunicazione.In questo testo evangelico, quello che conta sembra essere il puro gesto materiale di aiuto all'affamato, all'assetato, al forestiero, all'ignudo, al malato, al carcerato, … al cyberdipendente.Va detto che, per comprendere questa pagina, dobbiamo cogliere in essa un insegnamento globale e un particolare aspetto polemico.L'insegnamento globale riguarda l'operosità della vita cristiana. Matteo scrisse il suo vangelo per una comunità che era tentata di parole vuote, di entusiasmi superficiali, senza impegnarsi seriamente nelle opere di carità.Da qui l'invito a non dire solo «Signore, Signore…», ma a realizzare concretamente la volontà del Padre. Anche questa pagina del giudizio finale va letta nella prospettiva di concretezza operosa.Da questo punto di vista c'è integrazione e non opposizione tra le opere della carità e le pratiche del culto.Tra le attenzioni che oggi la carità deve tenere presenti, va senz'altro inserita quella della cyberdipendenza e delle sue conseguenze, perché il vero «culto spirituale» di cui parla San Paolo è sintesi tra fede e vita.È così oggi nelle nostre comunità cristiane?

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