Wednesday, March 15, 2006

PENSIERI "SBARRATI"

Che odore ha l’amore?
Che odore ha 1’amore?
Pensavo di muschio
come la mia pelle
o come i nostri corpi intrecciati.
Che temperatura ha 1’amore?
Lo pensavo caldo
come i miei maglioni
che indossavi di notte quando ti sentivi sola.
Che forma ha l’amore?
Sapevo che era quella del tuo viso.
Ora che l’odore, il calore e la forma
sono svaniti
so solo che brucia
la carne, l’anima e i sogni.
Gregorio Facchini

Dio piangerà per me
Nella silenziosa stanza
sfiorano, lentamente,
le mie dita, il muro
disegnando l’ovale del tuo viso
L’aria odora di pioggia
forse anche oggi
Dio piangerà per me.
Gregorio Facchini

Le mie mani
Tengo tra le mani
il nulla del presente
e i ricordi del passato
con essi costruisco sogni
in cui le mie mani
tornano a stringere le tue.
Gregorio Facchini

Memoria
Mi sfioro laddove ti ho avuta
morbidamente appoggiata
e i miei muscoli liberano ricordi,
sensazioni danzanti che plasmano il tuo nome.
Ma tu lo sai che pelle e muscoli
possiedono memoria?
Prova a premerli lievemente
con le dita o il palmo delle mani,
rivivrai la nostra danza…
Io mi sfioro con dolcezza
e rimbalza il tuo nome di cellula in cellula.
Loris Cannarozzo

Foglie
Come tanti di noi
son queste foglie,
verdi, e pur anche ingiallite
in un unico terreo colore
non dal sole consunti
ma dal gelido ferreo sapore.
Come se il tempo passato
non fosse e come
se il tempo avvenire
lento stringesse il colore
hanno in lor riflesso
gli anni lenti a finire
come nel trascorso veloce
senti il futuro lento aggredire
ma la corteccia in anni indurita
sembra protegga nello spento pallore
un unico gene…
quel gene è l’amore.
Luciano Petroni

Pied a terre!
(dall’epistolario con la mia Piastrella)
Mia splendida,
venerdì mattina, quando ti passeggiavo sopra,
ho sentito che volevi ti sfiorassi i bordi, ma non sapevi come dirmelo.
Me ne sono accorto, sai!
Tu hai fatto il possibile per sorridere. mandandomi
il solito piacevole rumore di risposta, per dire che ieri era come sempre.
Sarà che in questo periodaccio i pensieri non corrono verso i desideri, sarà anche colpa dell’umidità che mostra tutti gli anni delle mie scarpe, sarà...
Al mio passeggiare inglese hai risposto con un suono leggermente diverso. Avresti preferito che non ti dicessi nulla?
Sono dodici anni che passeggiamo insieme e non voglio lasciare neppure una sola e piccola ombra nel nostro solare rapporto senza tempo.
Una delicata carezza a piedi nudi.
Ti adoro.
(Roberto)

Mio caro,
miei dolci cari, sai che la mia visione di te è fatta di parti e nessuna voglio dimenticare, io ti amo come sempre e mi spiace che ti sia accorto del mio turbamento, non volevo tu lo sapessi, ma mi è tornata l’antica gelosia.
La colpa è anche tua, giovedì non dovevi raccontarmi
il sogno.
Ricordarmi il tuo passaggio passato, sui ricchi disegni, so che rimangono nella tua mente ricordi piacevoli e soffro per non poterti regalare sensazioni colorate.
Non riesco a distogliere la mente dalle visioni immaginarie, continuo a vedere di te spalle e braccia e mani e gambe e glutei e... che si appoggiano su quei colori antichi e il mio cuore si spezza. Ecco il perché di quelle piccole ed impercettibili ultime crepe su di me, non è il passaggio del tempo, sei tu.
Ma tu te ne sei accorto, vero?
Questa sera ti sognerò, ho deciso, ti voglio sognare, non col tuo passo inglese, ma con i tuoi piedi nudi che mi sfiorano.
Ti prego, domani passami sulle linee.
Sempre tua, mai potrei con altri.
La tua Piastrella
Roberto Pedrani

Mezzobusto
Quanto tempo era passato? Quanti anni erano trascorsi da quando, per l’ultima volta, avevo abbracciato la mia donna per intero? Intendo dire un abbraccio a figura intera, senza niente che ti divida come un muretto della sala colloqui, che anche se è alto solo un metro t’impedisce ogni contatto che non sia quello delle mani.
Quel dannato muretto. In ogni carcere in cui ero trasferito era peggio che il Muro di Berlino.
Così Patrizia, la mia donna, era divenuta per anni un essere a mezzobusto, e ogni volta che la nostra ora di colloquio terminava, cercavo di osservarla, nella mia mente, per intero. Mi ritrovavo in cella, contento, certo,
di averla vista, ma mutilato nei sentimenti.
Ora ricordo quanti anni erano passati in quel modo: sette.
Sette lunghi anni di privazioni e di casini, con lei che m’inseguiva in quel mio continuo peregrinare negli istituti di pena di tutto il settentrione. Mai che la situazione migliorasse sotto l’aspetto dei nostri incontri.
Ma ora mi trovavo quasi a fine pena. Forse anche chi mi deteneva aveva capito che reprimermi non serviva più a niente. Ero finito in un carcere quasi a misura d’uomo, dove i muretti non ci sono più e al loro posto sono comparsi tavolini di plastica bianchi, con sedie identiche.
Non ci potevo credere quando, appena arrivato in quel nuovo posto chiesi, come di prassi, ai compagni trovati, in quali giorni si svolgessero i colloqui e con quali modalità. Si sa, “casanza che trovi, usanza che trovi”.
Per tutta risposta sentii quell’inaspettata novità, che si dice sarà pian piano adottata in tutta Italia.
Ricordo il telegramma che feci, l’ennesimo in tanti anni per avvisare a casa del posto in cui mi trovavo
e dei giorni disponibili per le visite.
Scrissi questo: “Mi trovo a Cremona...vieni presto.
Ci abbracceremo. Tuo Francesco”.
E’ incredibile come anche adesso, che sono passati tanti anni e sono uscito da quella carcerazione ma ne sto scontando un’altra, come il mio corpo sia pervaso da un tremito al ricordo di quell’incontro.
Attesi per giorni quel momento, certo di quando sarebbe avvenuto per aver ricevuto in telegramma di risposta. Ero felice come un bambino quando riceve un regalo di Natale. Contavo i giorni, poi le ore ed i minuti,
come se dovessi andare in libertà.
Finalmente la chiamata arrivò e quanto mi sembravano soavi quei corridoi da percorrere... pavimenti e muri che mi parevano prati e alberi e in testa e nel cuore un abbraccio.
La vidi. Mi aspettava già da un po’ e sul suo viso lessi l’incredibile contentezza di quella novità grandiosa
e impensabile dopo tanto penare.
L’ultima porta. Ancora un’ultima porta ci divide... e poi anche quel clangore ultimo di ferro scomparve.
Il nostro abbraccio fu lungo, infinito e il corpo attraversato da mille brividi di piacere.
Un piacere dimenticato ma sempre sognato.
Il mio viso si perdeva nel profumo dei suoi capelli.
Le mani potevano accarezzare la schiena e la stoffa di quel cappotto che mi sembrava la pelle più liscia mai sentita.
In piedi, corpo contro corpo, un unico corpo fatto di brividi ed emozioni e di un bacio lunghissimo, senza fine, che porto ancora dentro.
Ora Patrizia non c’è più, ha lasciato il mondo terreno da pochi mesi, ma continua a vivere dentro di me e di mille cose vissute insieme in tanti anni, anche in libertà. Quell’abbraccio e quel bacio furono e sono una cosa grande, una cosa che ricorderò per sempre.
Francesco Ghelardini

La lettera d’amore
Mi chiamo Santino Stefanini. Ho passato più tempo in carcere che non tra la gente libera. Quanto sto per raccontare è un passaggio del percorso che mi ha portato allo sgretolamento della famiglia, cioè alla separazione con la donna che amavo e dalla quale ho avuto un figlio.
Il mio arresto avvenne per una serie incredibile di reati, ben quattro mandati di cattura uno più grave dell’altro, omicidi, tentati omicidi, sequestri di persona, spaccio internazionale di stupefacenti, rapine e tanti altri fatti che mi venivano imputati. Per i pochi mesi passati libero sembrava strano anche a me l’avere commesso tante azioni criminali, ma per la maggior parte ne ero certamente colpevole.
Fui condannato a molti anni attraverso più processi, poi ridimensionati ad un’unica condanna di trenta, che accumulati ai dodici e mezzo già espiati precedentemente mi hanno destinato a passare quarantadue anni e mezzo in galera.
Tra il 1985 e il 1987 riuscii a restare fuori grazie alla nuova legge che considerava la decorrenza dei termini anche durante l’espiazione della condanna definitiva, infatti a seguito di una delle due evasioni, avvenute durante la condanna a tredici anni (esattamente la seconda), venni riacciuffato dopo un conflitto a fuoco con le forze dell’ordine. Dopo tre anni che ancora non era stata chiusa l’istruttoria fu redatta appunto una legge che non permetteva ai Magistrati di trattenerti in prigione per reati commessi durante l’esecuzione di un’altra indagine senza dei termini ben stabiliti, in pratica se vi era un nuovo ordine di cattura, la decorrenza seguiva il suo iter anche se ci si trovava detenuti per altre cause.
Terminai il residuo della restante condanna di tredici anni e tornai in libertà con l’obbligo della firma giornaliera usufruendo della scadenza della custodia cautelare.
Conobbi, anzi è più giusto dire che ritrovai, una bellissima ragazza che avevo visto nascere e lasciato tanti anni prima ancora bambina, la sorella del mio amico d’infanzia. Tra noi si instaurò immediatamente un rapporto di
simpatia e alla fine iniziammo una relazione che portò alla nascita di nostro figlio Eros.
Durante quei due anni non cambiai modo di vivere, impegolandomi nuovamente nell’ambiente della criminalità.
Nonostante ogni giorno dovessi recarmi in Questura ad apporre la mia firma su un apposito registro, trovai ugualmente il modo di guadagnare attraverso attività illecite. Ma non fu il solo errore, il più grave si riscontrò nel tempo, quello di trovarmi un’altra donna e di intraprendere un’ulteriore relazione. Fatto sta che la mia vita correva su due binari: due appartamenti; due attività; mezza giornata da una parte e mezza dall’altra. Compagna e figlio, la mia famiglia e inoltre l’amante.
Questa storia si protrasse per circa un anno e mezzo, fino al momento dell’arresto. Qualche mese dopo le lettere di fuoco e di speranze ad un augurato e veloce ritorno in libertà, terminai i miei rapporti con l’amante, spiegandole che era una cosa che non sarebbe potuta continuare, dato che il mio amore per la mamma di mio figlio prevaleva su ogni cosa… e conclusi così quella relazione extraconiugale.
Proseguivo i miei colloqui tranquillamente, vedendo il mio piccolo che faceva i primi passi sul bancone divisorio e considerando l’emozione che mi dava ogni volta sua mamma. Non mancavo di raggiungerla con le mie lettere e così ricevevo giornalmente le sue… fino al giorno in cui durante un colloquio mi chiese se avessi avuto una relazione con un’altra donna quando eravamo insieme, naturalmente negai mentendo spudoratamente, anzi quasi l’aggredii per la domanda che mi aveva posto.
La cosa non finì così, ad ogni colloquio mi esponeva i suoi dubbi alla ricerca della verità. Andò avanti un anno, questa farsa delle sue domande e delle mie risposte, quasi ossessivamente cercava di capire dando lucidità ai miei momenti di assenza nel periodo in cui eravamo insieme, alle notti che mancavo, ai giorni che sparivo.
Giunse il giorno in cui, ormai esausto della sua martellante voglia di sapere, presi posizione e le dissi che le avrei detto la verità ma che non avremmo più discusso del passato. Rispose di sì.
Mi sbilanciai in una mezza verità raccontandole che qualche volta era capitato che ero stato a letto con un’altra.
Non l’avessi mai fatto. Notai uno sguardo d’odio sul suo volto, come se le facessi schifo. Cercai di avvicinarla
a me prendendole un braccio ma si ritrasse, le domandai cosa avesse. Lei mi rispose: “Nulla.”. Terminammo
il colloquio quasi sul silenzio, o perlomeno lei non proferì più parola, mentre io cercavo di giustificare il fatto sminuendo il più possibile l’accaduto e il tempo ormai trascorso, concludendo che le avrei scritto la sera stessa. E così feci, evitando qualsiasi discorso del passato, una lettera d’amore lunga e appassionata alla quale pensai
di ricevere sicuramente una risposta. Eccola:
“Per te scriverei un libro, per te canterei le canzoni d’amore degli autori più grandi, per te leggerei le poesie di Garcia Lorca e ti starei accanto in ogni attimo della mia vita. Per te e soltanto per te combatterei contro gli dei, per tenerti vicina.
Mai al mondo nulla di così grande, di così importante da farmi perdere la ragione, da farmi bere per non pensare, di fumare quasi tre pacchetti di sigarette al giorno per sfuggire le tensioni, di svegliarmi di notte con il tuo viso presente e la dolcezza del tuo sorriso.
Solo per te io sto morendo… morendo d’amore.
Soltanto vicino a te io sto bene, solo te e sempre te …
per sempre.
Tutto il mio sentirmi grande è svanito, tutta la mia sete di sesso è scomparsa, ogni mio desiderio si è confuso nella nebbia, anche i giochi delle nuvole si mostrano a me come tue immagini e il tempo scandisce le note della tua voce. Ho solo te nel cuore e le parole per mostrarti l’ampiezza dei miei sentimenti… e non riesco a entrare
in te come vorrei, non riesco a farmi credere, a carpire i tuoi segreti per sentirmi importante.
Tutte le storie più grandi hanno avuto dei risvolti drammatici: Giulietta e Romeo, Isotta e Tristano, Francesca e Paolo, Beatrice a Dante e tanti altri. Amori intensi e tristi, ma importanti tanto da versare fiumi d’inchiostro perché non siano dimenticati.
Io so che questo amore che sto vivendo non è meno ricco del loro, ha la stessa intensità e colore, ha la stessa volontà di lottare, di crederci fino in fondo, riesce a nascondermi ogni difficoltà, riesce a cancellare tutto ciò che vi è attorno.
Voglio solo darti amore, restarti accanto, farti sentire importante come lo sei più di ogni cosa esistente…
di ogni cosa che posso conoscere.
Che vita proseguirei senza te? Cosa sarebbe il nostro futuro se non possiamo toccarci, parlarci, assaporare
le nostre labbra?
Senza te non posso vivere, mi spegnerei lentamente e non avrei dato il reale senso all’esistenza. Che sacrificio sarebbe proseguire non amando chi ami? Non giocando con te, non parlando con te, non sentirti al mio fianco
in ogni momento…
Solo dolore e tristezza, solo il rimorso di una vita che avrebbe potuto essere e non lo è stata.
Ma tu pensi a domani… noi due lontani, senza più vederci, senza più incrociare gli sguardi, senza più percepire il nostro amore, che è nascosto ma tangibile, anche l’aria lo comunica, ogni cosa parla di noi. Tu vuoi cucinare per me, tu sai mettermi a posto la cravatta se è storta… e io posso vivere solo guardandoti, ammirare la tua figura, il tuo corpo, i tuoi passi.
Questo desiderio di abbracciarti forte, di sentirti stretta contro di me, di sentire la tua bocca sulla mia, di sfiorare la tua pelle e sentire le tue mani sul mio corpo. Quella voglia incredibile che niente può cancellare, i miei sensi che si svegliano solo a sfiorarti, la tenerezza che mi comunichi quando la tua mano mi tocca. Cosa sarebbe
il tempo senza le emozioni che provo con te vicina?
Niente, non conterebbe assolutamente niente, tutto diventerebbe inutile, solo lacrime dentro noi stessi,
un sacrificio da portarsi dentro per sempre e il rimpianto di non avere vissuto un grande amore colmo di gioia e
di felicità.
Hai ragione Amore mio, siamo simili, ma non soltanto per le idee che ci uniscono, siamo simili perché siamo un unico corpo, solo insieme siamo noi stessi, e divisi saremmo sempre solo una metà di noi, ci mancherebbe troppo l’altra parte e staremmo male per tutto il tempo che ci resterebbe.
Non potrei mai tradirti, sei riuscita a scacciare quella furia che mi portavo dentro, quel desiderio di sfidarmi, con nella testa solo il desiderio di punire chi mi aveva fatto del male. Oggi non c’è più quel pensiero, sei apparsa nella mia vita, così dirompente e magica e sei riuscita a cancellare la rabbia inconscia. Provo fastidio al corpo di un’altra vicino a me, solo te bramo, desidero, e amo come non ho mai amato in vita mia. Solo se ti scrivo, solo se ti penso riesco a conciliarmi con me stesso.
Spaziando con la mente vedo il nostro domani insieme e mi sento bene, mi sento vivo, mi sento un uomo pronto a dare tutto me stesso per rendere felice la donna che amo. Sei così dolce e tenera che non posso immaginarti lontana. Ogni cosa vive di te, hai scacciato tutte le ombre che portavo dentro e il destino ti ha avvicinata a me.
Non scherzavo, amore mio, dicendoti che i miei sensi si accendono soltanto con te, non so perché questo sia successo, o meglio so benissimo il motivo ed è semplice da spiegare, è perché ti amo, sono innamorato di te come un quindicenne che si dispera. Quanto ti dico mi esce dal cuore e mi fa male sentire le tue esternazioni d’incertezza. E’ vero, è la cosa più bella che potesse capitarmi, è qualcosa d’inspiegabile, ma tu sei il grande Amore della mia vita.
Non è possibile che solo io sia a provare queste sensazioni, ti sento troppo e nel mio cuore percepisco che anche tu provi le mie stesse emozioni, anche tu stai male se non ci vediamo, se restiamo in silenzio, se non dialoghiamo tra noi. Anche tu vorresti restare sola con me e sogni il momento in cui potremo scambiarci
un bacio, concedendo tutti noi stessi a noi soltanto.
Ho troppo bisogno di te e tu sai bene che con me ti sentiresti la Regina che sei.
Quanto amore ho da darti, nessuno al mondo potrebbe amarti come ti amo io. Sei bellissima, sei splendida, sei dolce e meravigliosa. Resterei ore ed ore ad accarezzarti, a baciarti, a stringerti a me con la passione più intensa che un uomo potrebbe mai dare. La tua pelle mi fa impazzire, il tuo viso sa scaldarmi, la tua voce mi fa rinascere, ogni tuo gesto porta melodia. Non puoi essere di altri uomini, i nostri cuori battono insieme e nessuno potrà mai separarli.
Amore mio, come posso non scriverti queste cose, come posso vivere in silenzio quando ho tanto da dirti e da darti. E’ tutto così pazzesco, era tutto così imprevedibile e non nascondo le mie colpe o la stupidità di sentirti irraggiungibile, ma ora ti sento mia, mia come mai nessuna lo è stata, e io sento di essere solo tuo, di appartenere a te. Non è soltanto desiderio il nostro, è Amore!
Se il mondo crollasse cercherei di uscire dalle macerie per cercarti, ma se non ti dovessi trovare vorrei sparire nel nulla. Non potrei concepire la vita senza te al mio fianco, non ci sarebbe poesia, non avrebbe senso. Tu sei la mia donna, la mia compagna, l’unico scopo dell’esistenza. Non sto giocando, tesoro mio, sto solo dicendoti che ti amo e senza te non voglio vivere.
Le parole mi escono così, senza bisogno di studiarle, sono talmente semplici e contemporaneamente complicate per esprimere l’intensità che vorrei per fartele comprendere fino in fondo. La frase più semplice sarebbe dire “ti amo”, ma la sento povera per quanto è intenso questo sentimento, eppure sono le parole più significative dell’intero universo. Amore, amore, amore e amore ancora, quanto sento di potertene dare, quanto vorrei averti nella mia mente per fartelo leggere nei pensieri, forse allora capiresti di essere il centro del mio universo, di essere il punto principale della fede. Tu e solo tu sei la gioia di vivere e senza averti vicina sono perso, sono un uomo senza nulla. Non riesco ad accettare questo sacrificio, non ho lacrime abbastanza da versare fino all’ultimo giorno del commiato alla vita.
A volte ti sento crudele ma nello stesso tempo sofferente perché non puoi esprimere i desideri, a volte ti leggo distaccata e contemporaneamente con il pianto nel cuore perché stai male nei lunghi silenzi che ci dividono. Tu provi le mie stesse sensazioni, ne sono sicuro. Non vi sarebbe logica in caso contrario; il saluto velato sopra una cartolina sarebbe il minimo gesto che due amici potrebbero farsi, ma non è così per noi due; noi non ci salutiamo e cerchiamo di snobbarci, ma sono solo segnali di autodifesa che ci fanno star male e ci fanno pensare ancora di più che non possiamo fare a meno l’uno dell’altra.
Dentro te stessa hai sicuramente già guardato, come io ho guardato in me stesso e sappiamo benissimo di appartenerci, siamo consapevoli che il futuro non può più allontanarci se non con grande sacrificio, un sacrificio a cui io personalmente non voglio arrivare perché senza di te non vedo nulla, solo un grande vuoto che mi lascerebbe l’amaro per il resto dell’esistenza.
A volte penso a quanti anni persi, al tempo che non ci è stato concesso, a come tutto avrebbe avuto un altro senso, al percorso che avremmo potuto condividere, tra gioie e dolori, e sono certo che nulla avrebbe potuto scalfire una cosa così intensa, ci ameremmo sempre come il primo giorno nonostante le ripicche o le liti in cui saremmo incappati lungo la strada. Non sei così dura come vuoi fare intendere: sei molto fragile nonostante sai nascondere le lacrime dietro una corazza che non ti appartiene, ed io non sono molto diverso da te anche se ho meno timore di quanto ci attornia, i miei comportamenti ne sono la conferma.
Vorrei chiamarti solo Amore, vorrei te per sempre, vorrei averti vicina, vorrei i tuoi sguardi e i tuoi sorrisi solo per me, vorrei che i miei occhi non vedessero nient’altro che te… perché tutto il resto non ha importanza.
Amore, tu mia vita, tu mio tutto, soltanto te e nient’altro che te, cos’altro può esserci di così sublime, grande, immenso, oltre l’amore che sto provando?
Questa lettera non è il frutto di una mattinata o di oggi, ma sono i pensieri che ti rivolgo giorno dopo giorno perché tu sappia che la mia mente vive di te soltanto, nel bene e nel male, questo in riferimento ai lunghi silenzi, anche se sono sicuro di essere nei tuoi pensieri come tu appartieni ai miei… nonostante a volte non ci diciamo nulla per lunghi periodi. Certe notti mi prende una gran voglia di piangere, ti penso lontana, forse solo io innamorato e tu indifferente; poi rifletto e mi dico che non può essere possibile, non avresti certi comportamenti e non capterei la tua rabbia e la tua sofferenza, emozioni che possiamo percepire soltanto noi due. Chissà perché amare comporta sempre dolore? Eppure dovrebbe essere la cosa che rende più felici nella vita, invece si soffre e fa star male.
Quante volte hai pensato di mandarmi al diavolo? Quante volte hai pensato di allontanarmi o allontanarti da me? Sono certo che l’avrai fatto mille volte, come ora che starai lavorando o sarai impegnata nelle faccende domestiche, ma nel tuo cuore sai che non è quello che vuoi, è solo la rabbia che parla per te… e per me.
Ogni tanto sento il tuo sguardo che mi sfiora attraverso delle fotografie… e forse tu senti i miei rubarti l’immagine, sono solo i nostri occhi che non si incrociano, anche perché resteremmo incantati se così fosse, e visto che siamo dei “duri” nessuno cede. E’ la mente che ci frega, sono i pensieri che non ci fanno rilassare… poi, i tuoi, io li immagino: “chi si crede di essere… ma vada al diavolo…”, anche se non sono tutti così perché ogni tanto vorresti dirmi qualcos’altro di diverso, di più dolce.
Non voglio commentare quello che è successo tra noi due. Tu porti le tue convinzioni alla tua ragione e io le porterei alla mia, tralascio la discussione perché alla fine sarei io a soccombere visto che con te sono il più debole, questo lo sai bene e la cosa ti fa pure sorridere, ma questa è solo la dolcezza che c’è in te e la forza dei tuoi sentimenti… che continui a sforzarti di trattenere dietro la corazza. Non parliamone più… anche se ricevendo il mio scritto sarai incuriosita, lo so, e certamente l’aprirai con frenesia. La cosa che più è importante dovrebbe essere questo Amore con la “A” maiuscola, difficile e complicato ma infinitamente immenso, che alla fine ci fa sentire e provare bellissime sensazioni e desideri, e, per quanto sento io, un futuro che ci appartiene.
Ora amore mio termino questa lunga lettera, a differenza tua io riesco a scriverti che ti amo anche durante le nostre crisi, visto anche che faccio molta fatica a nasconderlo e ad esserne indifferente, però almeno ti faccio arrivare il mio messaggio affinché ti sia sempre presente. Non mi resta che inviarti un tenero abbraccio e un bacio appassionato con tutto il mio amore.

P.S. Ora non restare lì pensierosa o con un po’ di broncio, tante situazioni si creano a dispetto da ciò che si desidera, fra un po’ rileggerai la mia lettera e il tuo umore riprenderà a brillare sfornando l’allegria che è dentro di te. Ti amo.”
A questa lettera non arrivò mai la risposta sperata. Anzi, confermò la sua decisione di troncare definitivamente la nostra relazione nel colloquio successivo. Non feci nulla per evitare il tracollo finale, l’orgoglio di maschio m’impedì di supplicarla e di concedermi un’ulteriore prova di riscatto ai miei errori. Rimasi in silenzio e le dissi che se era ciò che desiderava poteva pure rifarsi una vita, che non ci sarebbero stati problemi. D’altra parte davanti a me c’erano ancora troppi anni da espiare e ogni giorno sarebbe stata una tortura pensarla senza poterle essere vicino. Forse sarebbe stato meglio così.
Nei mesi che seguirono i mie nervi iniziarono a frantumarsi; non servì a nulla impegnarmi su più fronti, la frequenza di un corso specializzato di falegnameria, sport e televisione non m’impedivano l’insonnia, un continuo girarmi da una parte all’altra del letto pensandola e ripensandola, e qualsiasi scena di un film, anche banale, mi faceva sfogare in pianti di disperazione, tutto nel silenzio della cella dove nessuno poteva venire a conoscenza delle mie debolezze.
Le nostre lettere, ormai di cortesia e per darmi notizia della salute di mio figlio, diventarono sempre più rade, mentre le telefonate settimanali servivano soltanto per sentire la voce del bambino che immancabilmente mi domandava quando avrei finito di lavorare e quando sarei tornato a casa (…)
Tante volte penso a cosa sia servita tutta la mia vita, a cinquantun’ anni e con trent’ anni passati nelle patrie galere, l’avere perso tutte le cose importanti e la stessa libertà nella ricerca dei beni materiali, quel volere essere per forza qualcuno tra i ragazzi del quartiere, mostrare uno stupido coraggio e una bella macchina, addentrandosi sempre più nei meandri di una criminalità spietata dove le sole regole sono le tue.
Durante le riflessioni o le discussioni con i miei compagni ristretti non manco mai di dire che se potessi tornare indietro questa vita non la farei più, non potrei rinunciare alle cose belle che esistono, alla tranquillità, alle vacanze estive o alle feste in famiglia, non potrei rinunciare a una compagna che si addormenti con me e si risvegli con me ogni giorno. E’ costata troppe lacrime, troppo dolore, solitudine, impotenza.
Se la detenzione non impedisse di mantenere vivi i propri affetti, molte cose si risolverebbero diversamente. Non è possibile, in una sola ora settimanale, in cui ci si trova in un parlatorio con decine di altri visitatori e detenuti, dare delle certezze e costruire il futuro. Molte volte la disperazione prende il sopravvento e i minuti trascorrono attraverso i silenzi. Questa condanna non è inflitta soltanto a chi è condannato ma si estende alle mogli, alle fidanzate, ai figli, alle madri e a tutte le persone che si amano.
Santino Stefanini

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