Friday, March 10, 2006

diverso amore....parola dal e del carcere

Diverso amore
Qualcuno potrebbe pensare che la condizione di omosessuale in carcere sia meno afflittiva di altre: in fondo non si soffre della mancanza di rapporti con l’altro sesso, o ne si soffre meno, e proprio questa mancanza negli altri a volte potrebbe tornar utile al raggiungimento di obiettivi che in altre situazioni sarebbero impossibili. La gente troppo spesso reputa la sessualità altrui in modo grossolano, facendola scadere quasi a livello bestiale. Ho spesso sentito dire che la “mancanza” in qualche modo bisogna pur riempirla, per cui in certe condizioni è facile lasciarsi andare a comportamenti lascivi, “contro natura”: tutta una vulgata su questo registro è fin troppo nota, tanto da passare alla fine per veritiera.
Invece, contro l’immaginario distorto della peccaminosa mentalità popolare, la condizione di un gay è ancora più penosa dietro le sbarre che altrove, al limite della sostenibilità.
Dovete sapere che il carcere rimane uno degli ultimi baluardi del maschilismo vecchia maniera, quello fascista e violento per intendersi, e chiamarlo “da caserma” sarebbe un appellativo fin troppo soft.
Qui gli omosessuali non sono solo emarginati, si trovano piuttosto a vivere una condizione subumana, da reietti, confinati in sezioni protette con gli infami, i violentatori,
i pedofili: cioè al pari di tutte le categorie che sono trattate come appestati.
La direzione delle carceri di norma separa gli omosessuali per precauzione; sostiene di farlo per la loro sicurezza. In realtà, così facendo, avalla un modo
di sentire che con gli anni non è minimamente cambiato, come invece è avvenuto in genere nella società civile.
In carcere gli omosessuali sono riconosciuti in primo luogo e senza dubbio per il loro aspetto nel caso dei transessuali o dei travestiti, povere creature che anche dietro le sbarre ancora ostentano i connotati di una femminilità esagerata fino alla caricatura.
Sono inoltre identificati perché nella gran parte dei casi
il loro reato è legato all’ambiente omosessuale, come per
la prostituzione, arresti a causa di liti violente degenerate nel penale tra coppie di genere, tragedie in famiglia a seguito di un identità spesso rifiutata o combattuta.
Per chi invece, come me, entra in carcere per un reato comune, e non ha alcun particolare nell’aspetto o nella voce che lo denuncia come tale, conviene non dichiarare mai la propria inclinazione sessuale, se non si vuole finire in uno di quei gironi infernali ai quali accennavo prima.
Facendo così invece ci si trova insieme a tutti gli altri “normali”, nella speranza di poter scontare la propria pena in una situazione più dignitosa, se non altro non peggiore di quella di tutti gli altri, con le stesse possibilità di studio, lavoro, ricreazione o quant’altro il carcere possa saltuariamente offrire.
Detto così sembra facile, in realtà non lo è affatto; anche in un caso come il mio nel quale non mostro affatto mosse, vezzi o tic delle mie inclinazioni, quelli che per capirsi piacciono tanto ai registi dei B movie tipo
Il vizietto, si vive sempre nel terrore di essere smascherati.
Si ha per esempio paura di incontrare prima o poi in carcere qualcuno che ci conosceva da prima e che sapeva. Si ha paura di tradirsi involontariamente: così non si riesce mai a lasciarsi andare, e si sta sempre in guardia. Nelle carceri le battute, i lazzi e le scimmiottature
dei comportamenti “da checca” non sono all’ordine del giorno, ma quasi del minuto, con un’insistenza
che almeno all’inizio mi sconvolgeva.
A volte qualche battuta sagace indirizzata a me mi faceva d’un tratto precipitare nel panico: che se ne fossero accorti? Mi sembrava di essere diventato di cristallo,
e che tutti potessero vedere come ero veramente.
Allora cercavo di darmi un tono per riprendermi e rispondere sullo stesso tono, di portare avanti lo scherzo, anche se la voce mi tremava e non avevo affatto lo stato d’animo per la canzonatura. Dovevo comunque stare
al gioco, e devo dire di esserci riuscito molto bene, che io sappia nessuno ha mai nemmeno sospettato qualcosa; ma questo allora non potevo saperlo, e il dubbio e l’ansia mi consumavano. Sono arrivato al punto da farmi un
po’ schifo: io per primo spesso facevo battutacce sugli omosessuali, ma lo facevo proprio per esorcizzare le mie paure.
Questa giustificazione evidentemente non mi bastava, che tutto ciò fosse una difesa non compensava la mia ipocrisia: il mio è un segreto con il quale non è facile convivere a lungo. A volte mi capitava quasi di invidiare quei disgraziati che vivevano tra loro nelle sezioni protette; almeno a loro, anche se all’inferno, era concesso di essere se stessi, a me no. Ogni scelta ha il suo prezzo, io dovevo pagare il mio, ed era un conto amaro.
Non sono mai arrivato al punto di perseguitare qualche omosessuale assieme al branco della popolazione detenuta come spesso avviene nel caso ne venga scoperto uno: quando qualcuno viene beccato con le mani nel sacco (che allegoria!) in galera scatta subito una severa lezione che viene impartita dal basso.
I rei di atti contro la morale e il protocollo maschilista, cazzuto e intransigente dei veri machi duri determina un severo castigo fatto di botte e umiliazioni ai rei, più il loro immediato allontanamento dalla sezione e dal consorzio malavitoso.
Così accade: io mi identificavo troppo con le vittime per poter intervenire in qualsiasi modo, nemmeno per placare gli animi e fare in modo che almeno il pestaggio risultasse meno violento, ero così terrorizzato da potermi un giorno trovare in quelle stesse condizioni da preferire di gran lunga la rinuncia ad ogni costo: non ci potevo nemmeno pensare di espormi a rischi del genere per una soddisfazione così fuggevole.
Il guaio è che ci si innamora: ho scoperto a mie spese
che il sesso si può chiuderlo fuori dalla porta, non pensarci, o cercare di pensarci esclusivamente nella più completa solitudine, ma l’amore no, l’amore è un sentimento che ha una forza dirompente anche in persone prudenti come me, molto prudenti direi.
Per di più capita all’improvviso, e quasi sempre verso persone nei confronti delle quali non si avrebbe alcuna speranza, nemmeno in condizioni diverse.
Mi sono innamorato di un mio compagno di stanza; ovvero sono riuscito a farlo venire nella mia stanza perché già mi interessava da morire e volevo conoscerlo meglio, ma è stato un atto sconsiderato, un gesto
di autentico masochismo: mi sono costruito da solo l’inferno e mi poi ci sono chiuso dentro.
Lui è un ragazzo meraviglioso, tenerissimo, ma inguaribilmente etero, adesso me ne rendo conto,
ma la persona innamorata si culla di illusioni, si ciba di speranze impossibili. Per lungo tempo ho cercato
di interpretare dei suoi gesti, delle sue piccole attenzioni nei miei riguardi come segni di una sua corrispondenza sentimentale.
Purtroppo erano solo miraggi, fantasie, parti di una mente stregata da un fascino irresistibile.
Avrei fatto qualsiasi cosa per un suo sorriso, ciò malgrado non mi sono mai lasciato trascinare dai miei sentimenti in atti concreti; anche in questo caso ho continuato a sostenere la mia parte. Infatti il nostro rapporto era di amicizia nel senso di amicizia virile, so che lui è mio amico, e so anche quanto per certi versi mi ammiri, quanto mi rispetti, quanto mi voglia persino bene.
E’ proprio per questo che è ancora più difficile per me anche semplicemente sperare di poter un giorno avere un altro tipo di rapporto con lui; da una parte mi sembrerebbe quasi di tradire la sua fiducia.
Lo conosco troppo bene, so che se gli dicessi apertamente quello che provo per lui, dopo un primo momento
di sorpresa e d’incredulità, mi odierebbe. Sì arriverebbe ad odiarmi perché interpreterebbe tutto quello che
ci siamo detti, tutto quello che ci siamo confidati in lunghe notti passate al buio a parlare in maniera diversa. Ho troppi bei ricordi del tempo passato con lui per pensare solamente per un attimo di rischiare tutto ciò. Nella vita normale non si parla, ci si dicono magari molte cose, ma non si dialoga più veramente. Solo il carcere
dà il tempo, il luogo, lo stato d’animo e la concentrazione per aprirsi veramente all’altro. Lui si è aperto con me, mi ha raccontato tutto di se stesso, anche particolari imbarazzanti, scabrosi, cose che in genere non si dicono a nessuno. Io evidentemente non l’ho fatto, ovvero l’ho fatto, ma fino ad un certo punto, fino a dove potevo farlo.
Tutto questo lui non lo capirebbe, già lo so, non può capirlo perché non sa quanto io lo ami.
La bellezza del rapporto che ho costruito con lui che è parecchio più giovane di me è proprio il mio castigo e la mia dannazione. Sono prigioniero di un ruolo che mi sono costruito nella fantasia di averlo, ma nel quale ho fallito, per finire per trasformarsi in un’altra cosa, bellissima, ma nello stesso tempo crudele.
L’abitudine alla menzogna e al trasformismo questa volta mi è costata cara. Sono riuscito a gabbare sempre tutti,
e alla fine è toccato anche me.
Guido Conti

2 Comments:

Blogger dania said...

Sfomatura credo sia molto bella! E' molto realistica e parla di un'amore "diverso" ma che a ben giuadare riporta caratteri e peure dell'amore in generale, dell'amore definito "naturale" tra uomo e donna. Io credo che la "diversità" ha un unico responsabile: il giudizio delle persone.

10 March, 2006 06:53

 
Blogger dania said...

Scusa, come sempre ho messo un errore anche nel nome!!!
:-((

10 March, 2006 06:54

 

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