Monday, April 03, 2006

VITTIME E COLPEVOLI - FRA I MEANDRI DELLA PEDOFILIA. «UN FILM PER USCIRE DALL'OMBRA» di EMILIA PATRUNO

Un tema scabroso affrontato senza nascondere nulla e senza ammiccamenti, in una pellicola forte e molto diretta che, dicono gli esperti, potrebbe essere usata nelle scuole per preparare i bambini. E nelle carceri per "guarire" i pedofili.

Un film coraggioso, sfaccettato, che non nasconde e non ammicca su un argomento dolorosamente di attualità, finora "relegato" nei Tg o nelle cronache dei quotidiani: la pedofilia. Territori d'ombra, il film di Paolo Modugno che esce in questi giorni nelle sale, è un film da vedere. L'agghiacciante realtà della pedofilia e più in generale della violenza perpetrata sui minori, viene messa in luce in tutte le sue molteplici realtà (alcune di "ordinaria banalità", altre di straordinaria, glaciale determinazione) in un film noir che fa riflettere.

La storia ruota attorno a Luca (un'infanzia distrutta da violenze in famiglia, interpretato da Pino Quartullo), Margherita (sostituto procuratore, che ha perso un figlio per le conseguenze di un attentato mafioso, l'attrice Rosa Ferraiolo), e Franz (Toni Bertorelli), procuratore della Repubblica con un oscuro passato legato alle attività criminali di un certo avvocato Dolbecco (Laurent Terzieff), incriminato a Milano per terrorismo nero, e in seguito scagionato grazie alla testimonianza di Franz. Dolbecco si è "riciclato" come tramite di incontri tra pedofili e minori e produttore di cassette pedo-pornografiche.

Un altro binario che si intreccia con il precedente è quello del dramma sociale degli abusi sessuali sui minori: c'è la famiglia che vive in un profondo degrado culturale e materiale (Leo Gullotta, bravissimo, è Antonio, un disoccupato sposato a una donna sciatta e acquiescente) e vende il suo bambino a Dolbecco. C'è il consumatore di video porno, il traffico internazionale (una famiglia dell'Est europeo che accetta di far prostituire la figlia per "mettersi in regola"), il traffico internazionale su Internet e anche il rapporto tra un pedofilo "innamorato" e una bambina trascurata dalla famiglia (medioborghese, non indigente, ma disattenta, banalmente amorfa), che si sente quindi gratificata dalle sue attenzioni.

Il film ci ha colpito per il suo rigore, perché chi l'ha firmato (Paolo Modugno e Veronica Salvi) ha saputo trattare un così difficile soggetto senza scadere nella morbosità né nell'allusione, tratteggiando personaggi che non possono essere classificati banalmente come negativi o positivi.
Maria Rita Parsi, psicoterapeuta, presidente di Movimento bambino, ha apprezzato il possibile utilizzo della pellicola nelle scuole, per genitori e bambini, allo scopo di affrontare insieme l'argomento, senza creare allarmismi ma dando ai piccoli un'arma con cui potersi difendere da possibili insidie. Angelo Aparo, psicologo nel carcere milanese di San Vittore, ne ha ipotizzato persino un utilizzo terapeutico, proprio a partire dai carcerati.
Il regista Paolo Modugno dice che il film "finisce male" perché il bene non vince, e il pedofilo - dopo sei anni, nella storia di Territori d'ombra - esce dal carcere esattamente uguale a com'era prima (la pena massima nel nostro Paese è di sette anni, e la recidiva è molto alta). "Il film è chiaro", sottolinea Aparo. "Se non si fa nulla non si lavora, e "non c'è alcun lavoro" né nel senso della rielaborazione da parte del pedofilo, né in quello della responsabilizzazione dell'Istituzione, come più o meno vanno le cose, oggi, così che tutto rimane immutabile. Una persona che vive nel male è anche una persona che, a sua volta, a qualche livello, è prigioniera del male. Quindi, se da un lato bisogna tener conto che è sempre molto difficile che sia accolto l'invito a uscire dal male per tutta una serie di ragioni, d'altra parte è bene considerare come assunto che chi vive nel male, in fondo, se contattato nel modo migliore, ha una sua motivazione a liberarsi egli stesso dal male".

"Uno che fa il male ma che sta anche male"
Il pedofilo, dice Aparo, "non è il protagonista dei propri pensieri, ma il burattino delle proprie compulsioni, una persona che fa il male ma che sta anche male. Come ogni persona che soffre, non possiede completamente la sua storia. Ne conosce i frammenti, che agiscono con effetto compulsivo inducendolo a tradurre in pratica quello che potrebbe essere affrontato sul piano dell'elaborazione: il pedofilo rimane, allo stato attuale, quello che è. Nessuno ha la possibilità di parlare con lui, prima che ci sia l'episodio di pedofilia, perché difficilmente un pedofilo va dall'analista, e in generale nessuno è disponibile ad ascoltare. Ci si muove in un'area problematica, perché per fare questo percorso, uno deve prima di tutto disvelarsi. D'altra parte, c'è tutta una corposa motivazione a occultare quello che andrebbe disvelato... In carcere, per un pedofilo c'è soltanto il raggio dei "protetti", perché persino per il più feroce delinquente il pedofilo è un subumano".
Per questo, sostiene lo psicologo, "il film potrebbe essere il punto di partenza per lo sviluppo di un'elaborazione che porti il pedofilo a emanciparsi. O in carcere, con pedofili che in un certo senso non hanno nulla da perdere perché hanno già svelato la loro identità, o con pedofili che siano usciti dal carcere, con un periodo di carcerazione alle spalle che non è servito a elaborare il reato commesso. O, ancora, con "famiglie a rischio". Le storie dei bambini feriti sono molto spesso più vicine e più domestiche... Perché anche questo è un pregio del film: l'aver fatto capire che in certe coppie spesso si va avanti per inerzia, inchinandosi al compromesso, per cui uno finge di non sapere, mentre l'altro si assume la maggior quota di responsabilità, l'acquiescenza e la connivenza marciano di pari passo, tutto in funzione di un obiettivo che, magari, è importante - la sopravvivenza -, ma che potrebbe essere perseguito in altro modo".

Il film è stato sostenuto da associazioni che lavorano quotidianamente sui vari aspetti della pedofilia (normativo, preventivo, di trattamento e recupero). Associazioni come Terre des hommes (che ha realizzato anche un simpatico libretto, protagonista un porcospino, che insegna ai piccoli come difendersi da adulti invadenti), Telefono Arcobaleno, l'associazione di don Di Noto, oltre a Cismai e Ecpat Italia. E va riconosciuto a Paolo Modugno il merito di aver sottolineato un aspetto della pedofilia che investe "l'ideologia costitutiva della società dei consumi, che si è spinta fino a comprendere anche il consumo degli esseri umani, arrivando a quelli più deboli, indifesi e innocenti, i bambini", vale a dire la presenza di gentaglia come il Dolbecco del film, uomini per cui business is business, e le cassette pedopornografiche sono oggetti richiesti, che hanno un mercato. Non importa se il business porta con sé morte, dolore e assenza di futuro per "qualcuno". E se questo "qualcuno" è un bambino, tanto peggio. Un discorso che andava fatto, in una società che sembra privilegiare sempre e solo il profitto. Una società che si scandalizza tanto, ma spesso lascia impunito soprattutto chi, sullo scandalo, ci fa i quattrini.

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